Su magri e grassi ha effetti diversi la frammentazione del sonno

 

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 21 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Principe - … Questo grassone schiacciamaterassi, questo sfiaccaronzini, questa imponente montagna di ciccia…

Falstaff - … Parli tu, morto che parla, anguilla tutta pelle, lingua secca di bue, stringa di cuoio…

[William Shakespeare, Enrico IV – scena IV]

 

 

Lo studio mediante polisonnografia dei principali parametri fisiologici influenzati dal sonno su un numero tanto elevato di persone da costituire un campione epidemiologicamente significativo, ha rivelato che circa il 20% della popolazione negli USA presenta apnee ostruttive mentre dorme. L’apnea durante il sonno è definita come la cessazione intermittente dell’afflusso di aria dal naso e dalla bocca mentre una persona sta dormendo, ed è distinta in tre tipi in base alla genesi: centrale, ostruttiva e mista. La centrale si verifica per la temporanea scomparsa dell’impulso a tutti i muscoli respiratori; l’ostruttiva è determinata dal cessare dell’afflusso dell’aria per un ostacolo nelle vie aeree, in presenza di un impulso respiratorio normale; la mista è un’apnea centrale seguita da una componente ostruttiva.

La forma più comune, che fu descritta nel 1965 indipendentemente da ricercatori francesi e tedeschi, è la sindrome da apnea ostruttiva nel sonno, causata da temporanea occlusione delle vie aeree superiori al livello dell’orofaringe. È caratterizzata da pause ripetute del respiro nel sonno, nonostante un apparente sforzo per respirare, con la conseguente riduzione di saturazione in O2  del sangue. La mancata ossigenazione che deriva da intermittenze di 20-40 secondi, conduce ad una sorta di asfissia progressiva, fino ad un breve risveglio dal sonno, durante il quale l’apertura delle vie aeree viene ripristinata e l’afflusso d’aria riprende. In genere, subito dopo, la persona affetta dal disturbo si riaddormenta e la sequenza di eventi si ripete; la ripetizione del ciclo di eventi può giungere, in alcuni casi, ad alcune centinaia di volte per notte. Vegliando il paziente, l’intermittenza inalatoria può facilmente essere dedotta, perché la condizione si accompagna al russare e, dunque, la sospensione dei ritmici e rumorosi atti ventilatori risulta bene evidente. L’anamnesi patologica di questi pazienti è spesso integrata da informazioni fornite da un partner, che riferisce l’improvviso arresto della rumorosa respirazione durante il sonno (respiro di Falstaff)[1].

Nel 2013, per la recensione appena citata a piede di pagina di uno studio di Buratti e colleghi, mi sono occupato dell’apnea ostruttiva nel sonno in rapporto alla malattia di Alzheimer, ora un nuovo studio, che sarà pubblicato nel mese di marzo sul Journal of Molecular Neuroscience, mi ha indotto a riprendere l’argomento per i rapporti fra obesità e interruzione del sonno.

Nei pazienti affetti da apnea nel sonno è comune un’entità clinica che ha preso il nome di frammentazione cronica del sonno (SF, da chronic sleep fragmentation) ed è strettamente correlata con lo sviluppo dell’obesità.

Junyun He e colleghi hanno ipotizzato che la SF possa influenzare in modo diverso le risposte neurocomportamentali di individui grassi o magri. Per sottoporre a verifica sperimentale tale ipotesi, i ricercatori hanno impiegato due modelli murini, l’uno costituito da un genotipo naturale e l’altro da uno ingegnerizzato, nutrendo tutti gli esemplari reclutati per l’esperimento con la stessa dieta ordinaria e sottoponendoli ad un paradigma di interruzione del sonno equivalente a quello dei pazienti di SF.

Su questa base è stata sviluppata un’articolata sperimentazione che ha prodotto dati veramente interessanti (He J., et al., Sleep Fragmentation Has Differential Effects on Obese and Lean Mice. Journal of Molecular Neuroscience 55 (3): 644-652, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Blood Brain Barrier Group, Pennington Biomedical Research Center, Baton Rouge, LA (USA).

Junyun He e colleghi hanno in primo luogo definito un “paradigma SF” che, rispettando i termini comparati della fisiologia murina, è sostanzialmente equivalente al regime medio di intermittenze tipico del disturbo umano: una interruzione ogni due minuti.

Sono stati nutriti secondo lo stesso regime alimentare topi magri, a genotipo naturale (WT, da wild type), e topi obesi, perché privi di recettori per la leptina, del tipo POKO (pan-leptin receptor knockout), e successivamente sono stati sottoposti per 10 giorni al paradigma di interruzione del sonno (SF) precedentemente definito.

Il regime di intermittenze è risultato efficace nel ridurre la durata del sonno ed anche quella del periodo di attività degli animali, che risultavano meno ristorati e riposati dal sonno continuamente interrotto; l’esperimento ha anche causato un aumento della transizione nello stato di sonno e di veglia, senza significative ripercussioni sul sonno nel periodo di oscurità. Nella fase di luce erano evidenti cambiamenti nella struttura del sonno, variazioni che sono state conservate coerentemente nel corso dei 10 giorni di applicazione del paradigma SF. Si è rilevata riduzione del sonno NREM (sonno profondo o non-REM), accorciamento della latenza del sonno e aumento degli stati di transizione. Durante la fase di luce del primo giorno di SF, si registrava anche una riduzione del sonno REM (fase dei rapidi movimenti dei globi oculari associata al sogno nella nostra specie) e aumentata potenza delle onde delta fra le onde lente del sonno.

I ricercatori hanno condotto specifici esperimenti per valutare i possibili effetti del paradigma SF sulla soglia del dolore termico, sull’attività locomotoria spontanea e sullo stato murino convenzionalmente equiparato all’ansia umana.

È stato impiegato il test della piastra calda (hot-plate test), in cui si valuta il tempo di reazione e il tipo di risposta di un roditore che accede con le quattro zampe alla superficie di una piastra tenuta in genere alla temperatura di 55 °C[2], per studiare gli effetti sulla soglia della nocicezione termica. Attività motoria ed equivalenti dell’ansia sono stati valutati mediante i comuni test comportamentali.

I topi POKO hanno fatto registrare una minore ampiezza circadiana della latenza del dolore, rispetto ai topi WT, al test della piastra calda; ed entrambi i gruppi presentavano una più bassa tolleranza alle 4 p.m. [zeitgeber time (ZT) 10] e una latenza maggiore alle 4 a.m. (ZT 22). Importante notare che il regime di interruzione SF accresceva la soglia del dolore nei topi WT, ma non nei topi POKO, quando sottoposti al test alle 8 a.m. (ZT 2).

Un altro aspetto di rilievo della sperimentazione è dato dal fatto che il genotipo POKO, tanto quanto il trattamento SF, sono ugualmente risultati in grado di determinare riduzione dell’attività locomotoria ed aumento dell’ansia, ma il trattamento SF nei topi POKO non causava una somma di effetti accrescendo l’entità della riduzione del movimento spontaneo e delle manifestazioni equivalenti all’ansia.

L’insieme dei dati emersi da questo studio suggerisce che l’obesità possa attutire gli effetti neurocomportamentali della frammentazione cronica del sonno, con conseguenze facilmente intuibili.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito ( utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-21 febbraio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Cfr. Note e Notizie 26-10-13 Malattia di Alzheimer e Apnea Ostruttiva nel Sonno.

[2] Monitoraggio con due display: quello di sinistra visualizza la temperatura impostata mediante termostato; quello di destra visualizza un cronometro che viene avviato appena le quattro zampe dell’animale calcano la superficie riscaldata.